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Taiwan: presidente Tsai rientra rafforzata da viaggio ufficiale nei Caraibi

Taipei, 24 lug 2019 04:18 - (Agenzia Nova) - Il presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen, è rientrata nell’Isola dopo un viaggio ufficiale di 12 giorni in diversi paesi insulari dei Caraibi, rafforzata nella sua corsa per la rielezione da due soste negli Stati Uniti. Nel corso del viaggio ufficiale, infatti, Tsai ha trascorso quattro notti negli Usa, due all’andata e due al ritorno: si è trattato del “transito” in territorio statunitense più lungo mai intrapreso da un leader di Taiwan, che ha rafforzato presso l’elettorato dell’isola l’immagine di Tsai come interlocutore politico privilegiato di Washington in un contesto di crescenti pressioni diplomatiche e militari da parte della Cina. Durante la doppia sosta negli Usa, duramente criticata da Pechino, Tsai ha incontrato deputati e senatori statunitensi, oltre al governatore dello Stato Usa del Colorado. Per la prima volta, inoltre, le autorità Usa hanno consentito al presidente di Taiwan di tenere una conferenza stampa sul suolo statunitense.

“Credo che alle elezioni presidenziali (di Taiwan) del 2020, gli elettori si concentreranno sulla preservazione del nostro stile di vita democratico e delle nostre libertà”, ha detto a Denver il presidente di Taiwan, il cui gradimento politico ha ricevuto un inatteso contributo dalle recenti manifestazioni ad Hong Kong. “Le elezioni saranno una scelta di valori, di sistemi politici e di stili di vita”, ha aggiunto Tsai, che così ha voluto dipingere i suoi avversari del partito Kuomintang come portatori delle istanze unificazioniste di Pechino. Secondo l’ultimo sondaggio pubblicato dalla Taiwan Public Opinion Foundation, in uno scontro elettorale diretto con il suo principale rivale, il candidato del Kuomintang Han Kuo-yu, Tsai averebbe la meglio con il 45 per cento dei consensi, contro il 40 per cento del sindaco pro-cinese della città di Kaohsiung.

Il sindaco della città di Kaohsiung, Han Kuo-yu, ha vinto le primarie del partito di opposizione Kuomintang in vista delle elezioni presidenziali, che si terranno a Taiwan a gennaio del prossimo anno. Il sindaco affrontava altri quattro esponenti del partito, incluso il miliardario fondatore del colosso dell’elettronica Foxconn, Terry Gou. Nelle ultime settimane Gou aveva recuperato terreno nei sondaggi, attingendo a piene mani alla sua fortuna economica, stimata in 6,3 miliardi di dollari, ed aveva persino promesso di utilizzare le sue ricchezze personali per colmare ammanchi di bilancio e finanziare politiche come l’assistenza gratuita all’infanzia.Han ha scelto invece di presentarsi come un “presidente del popolo”, e continua ad attingere supporto dagli elettori frustrati dalle crescenti diseguaglianze economiche all’interno della società taiwanese.

I candidati alla presidenza di Taiwan, che hanno affrontato nelle scorse settimane le primarie dei loro partiti politici in vista del voto del prossimo anno, hanno irrigidito le loro posizioni nei confronti della Cina, in risposta alle proteste di massa contro il disegno di legge sulle espulsioni che hanno interessato Hong Kong nelle scorse settimane. Tale riposizionamento ha interessato anche i candidati alla presidenza del partito pro-cinese Kuomintang. Il fondatore di Foxconn Terry Gou, che ha rinunciato alla presidenza del colosso tecnologico taiwanese proprio per presentarsi come candidato con il Kuomintang, sta tentando di ridimensionare i suoi legami politici e d’affari con la Cina continentale, e si è spinto sino a mettere in discussione la politica cinese di “un paese, due sistemi”, che regola la convivenza tra la Cina continentale e Hong Kong e che nelle intenzioni di Pechino dovrebbe essere applicata in futuro anche a Taiwan.

“‘Un paese, due sistemi’ ha fallito ad Hong Kong, ha detto Gou domenica 16 giugno, dopo la manifestazione che ha visto scendere in strada ad Hong Kong ben due milioni di persone. Gou ha edificato Foxconn, precedentemente nota come Hon Hai Precision Industry, assemblando iPhone e altri apparecchi elettronici sul territorio della Cina continentale, e i suoi legami con Pechino erano considerati un elemento di forza quando, lo scorso aprile, il magnate aveva deciso di formalizzare la sua candidatura alla presidenza di Taiwan. Soltanto lo scorso gennaio, il presidente cinese Xi Jinping ha esortato Taiwan ad accettare la riunificazione con la Cina nella cornice di “un paese, due sistemi”. Tale politica, applicata a Hong Kong e Macao, garantisce autonomia economica e amministrativa, ma cede a Pechino la gestione degli affari esteri e della difesa. Le recenti proteste di Hong Kong, innescate da un controverso disegno di legge che consentirebbe l’estradizione di sospetti di crimini dall’ex colonia britannica alla Cina continentale, ha rinnovato a Taiwan le paure delle conseguenze di una eventuale riunificazione alla Cina, specie in termini di diritti civili e libertà fondamentali.

Le difficoltà economiche dell’Isola e altre questioni di politica interna avevano posto il presidente taiwanese in carica, Tsai Ing-wen, in una posizione di estrema precarietà, culminata lo scorso novembre in una disfatta della sua formazione politica pro-indipendenza, il Partito progressista democratico (Dpp), alle elezioni locali. Il risveglio del sentimento anti-cinese a Taiwan sta facendo però riguadagnare consensi al capo dello Stato, che ha colmato parte del divario attribuitole dai sondaggi nei confronti dei candidati del Kuomintang. Per il momento, i funzionari del Dpp non si sbilanciano: “le dinamiche di consenso possono essere flebili, e non sappiamo se le attuali correnti dureranno sino al voto di gennaio”, ha dichiarato alla stampa locale un funzionario del partito.

Il Kuomintang, come il Dpp, è tecnicamente contrario all’attuazione di “un paese, due sistemi” a Taiwan; negli ultimi anni, però, il partito si è sempre più avvicinato a Pechino; il suo vicepresidente ha preso parte soltanto il mese scorso a un evento per promuovere la riunificazione, e molti dubitano della sincerità delle ultime dichiarazioni di Gou, noto per le sue relazioni personali con il presidente cinese Xi Jinping. Il Kuomintang dovrebbe scegliere il proprio candidato alle presidenza già il mese prossimo, affidandosi ai sondaggi. Al momento, il sindaco di Kaohsiung, Han Kuo-yu, gode di un significativo vantaggio sul fondatore di Foxconn. Han ha visto però calare i propri consensi dopo una serie di improvvide dichiarazioni in merito alle proteste di Hong Kong, di cui il candidato si era detto all’oscuro, e dopo la notizia di un suo incontro con il capo esecutivo di Hong Kong, Carrie Lam.

Han ha cambiato registro nei giorni scorsi, per tentare di ovviare al danno d’immagine: “Dovrebbero passare sul mio cadavere”, ha detto sabato il sindaco di Kaohsiung, commentando l’ipotesi di introdurre “un paese, due sistemi” a Taiwan. I politologi dell’isola ritengono che le elezioni presidenziali del prossimo anno saranno una corsa a tre tra il presidente uscente Tsai, il candidato del Kuomintang e il sindaco di Taipei, l’indipendente Ko Wen-je. Ko non ha ancora formalizzato la sua candidatura, ma pare in grado di attrarre consensi significativi dalla classe media delusa dai due principali partiti taiwanesi. Anche Ko si è recentemente espresso contro la riunificazione con la Cina secondo il medesimo modello applicato ad Hong Kong. Pechino conta su una vittoria del partito Kuomintang, cui ha espresso apertamente il proprio sostegno dopo le elezioni locali tenute a Taiwan lo scorso novembre.

Il Partito progressista democratico del presidente Tsai ha concluso a fine giugno il processo delle primarie in vista delle elezioni presidenziali, che si terranno nell’isola il prossimo anno. Le primarie hanno visto contrapposti Tsai all’ex premier William Lai, indipendentista sostenitore di una linea ancora più dura sul fronte delle relazioni con la Cina. Le primarie del Dpp si sono conclude oggi, ed hanno chiamato ad esprimersi tutti gli elettori taiwanesi interessati, a prescindere dalla loro affiliazione di partito. Tsai ha avuto la meglio su Lai, aggiudicandosi il 35 per cento dei consensi in una serie di simulazioni di voto che l’hanno vista misurarsi coi possibili candidati del partito Kuomintang. Nelle simulazioni l’ex premier Lai ha ottenuto invece circa il 27 per cento dei consensi. (Git)
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