LIBIA

 
 

Libia: esperto Usa Toperich a “Nova”, ecco perché Haftar non può vincere

Roma, 13 mag 2019 15:00 - (Agenzia Nova) - Il generale Khalifa Haftar, comandante dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna) e uomo forte della Cirenaica, ha definitivamente “gettato la maschera” per imporsi in Libia come un “nuovo Gheddafi”, ma ha iniziato una guerra che “non può vincere”. Lo afferma ad “Agenzia Nova” Sasha Toperich, vicepresidente esecutivo del think tank Transatlantic Leadership Network di Washington, già direttore dell’iniziativa per le relazioni del Bacino mediterraneo, il Medio Oriente e il Golfo presso la Scuola di studi internazionali avanzati alla Johns Hopkins University di Washington DC. Toperich ha completato una visita di una settimana a Tripoli e Misurata, dove ha incontrato, tra gli altri, il ministro dell’Interno del Governo di accordo nazionale (Gna). I cittadini di Tripoli “proseguono la loro vita quotidiana, ma la paura e l’ansia fanno a sfondo” per via degli scontri in corso dal 4 aprile tra le forze dell’Lna e i gruppi che difendono il Gna: “Ora è il mese del Ramadan (il digiuno islamico), quindi la dinamica della vita è diversa dal solito. Ci sono state alcune notti tranquille, in altre ho potuto sentire le detonazioni e i colpi di arma da fuoco a distanza”, racconta l’esperto statunitense di origini bosniache formatosi a Gerusalemme.

I combattimenti, afferma Toperich, riprendono in genere nel primo pomeriggio: “Ho visitato Ain Aziziya (quartiere della periferia meridionale di Tripoli), area presa prima da Haftar nel suo attacco a Tripoli, ma le forze governative hanno ricacciato. A distanza si vedeva molto fumo, probabilmente causato da un attacco aereo o da un drone. I soldati sono determinati a respingere le forze di Haftar ad ogni costo. Il morale è alto”. A Tripoli domina un senso di rabbia perché, secondo Toperich, Haftar ha rinnegato un “accordo molto equo” raggiunto con il presidente del Consiglio presidenziale libico, Fayez al Sarraj, ad Abu Dhabi lo scorso mese di febbraio scorso. “Ora è definitivamente chiaro che Haftar vuole il pieno potere e controllo del paese. Ma ha sottovalutato la forza di tutte le frazioni politiche di Tripoli e di Misurata che si sono unite per respingere il suo attacco. I calcoli secondo cui Misurata non si sarebbe unita per difendere Tripoli si sono rivelati semplicemente sbagliati”, spiega ancora il vicepresidente del think tank con sede a Washington. I leader di Misurata, sede delle agguerrite milizie che hanno sconfitto lo Stato islamico a Sirte, temono un attacco diretto contro la loro “città-Stato” nel caso in cui Tripoli dovesse cadere.

“Accettando l'accordo ad Abu Dhabi e rifiutandolo, lanciando un attacco in piena regola su Tripoli, Haftar ha gettato la maschera. Vuole essere un ‘nuovo Gheddafi’. I libici guardano in televisione l'ordine di Haftar di non lasciare superstiti sul campo di battaglia e di non prendere prigionieri di guerra, né feriti. Questo è davvero terrificante”, aggiunge Toperich, denunciando inoltre la “censura” presente in Cirenaica, la regione della Libia orientale dominata da Haftar. “Ho incontrato i deputati della Camera dei rappresentanti dell'est che ora formavano un nuovo parlamento a Tripoli. Ho incontrato anche diverse persone di Bengasi. Non voglio fare dichiarazioni senza essere stato sul terreno a Bengasi o Tobruk, eppure mi hanno riferito che nell’est c’è una censura al 100 per cento. Finisci nei guai se parli male dell’attacco di Haftar a Tripoli”, afferma ancora Toperich.

L'Italia, da parte sua, vanta “un ruolo storico importante in Libia e dovrebbe usare la sua influenza per chiedere un cessate il fuoco immediato e una più forte azione dell'Ue, compresa la possibilità di attacchi aerei, qualora la situazione umanitaria a Tripoli peggiorasse”, aggiunge ancora Toperich. Proprio oggi la Libia è il punto principale del programma in discussione al Consiglio degli Affari esteri a Bruxelles. La stessa Alto rappresentante dell'Unione europea per la politica estera e di sicurezza, Federica Mogherini, ha iniziato la giornata con "un incontro bilaterale con il primo ministro della Libia Fayez al Sarraj". Incontro in cui Mogherini ha ribadito al leader libico che l'Ue si aspetta che tutte le parti libiche e gli attori regionali cessino immediatamente le loro attività militari e riprendano il dialogo. “Spero che l'Ue abbia imparato dai suoi errori con le differenti posizioni nelle guerre nei Balcani. Allora la guerra finì solo dopo l’intervento degli Stati Uniti. L’Europa non dovrebbe ripetere lo stesso errore”, conclude Toperich.

L’esperto statunitense ha recentemente scritto un articolo sulla rivista online “The Hill" scrivendo che "Haftar non fa più parte della soluzione della Libia". Toperich ha ulteriormente chiarito questo concetto nel colloquio con “Agenzia Nova”. “Non credo che Haftar possa vincere semplicemente perché la maggior parte dei libici vuole la democrazia e la possibilità di esprimersi apertamente. Vogliono la libertà”, afferma Toperich, senza nascondere che nel paese c’è anche una enorme corruzione e che il problema delle milizie non è ancora stato risolto. “Ci sono molti sporchi giochi politici di cui la gente è disgustata; i fenomeni delle milizie in Libia hanno fatto afflitto i cittadini con i rapimenti e costanti lotte per il controllo e l'influenza; lo sforzo di Fajr Libia (Alba della Libia, la coalizione di milizie nata durante la rivoluzione del 2011) e dei Fratelli musulmani di mantenere il potere dopo aver perso le elezioni, bruciando l'aeroporto e costringendo i diplomatici stranieri a lasciare il paese nel 2014, è stato un duro colpo per tutti i libici”, riferisce ancora l’esperto.

Toperich non risparmia critiche anche alla Camera dei rappresentanti di Tobruk, il parlamento libico che si riunisce nell’est del paese: “Ha tenuto solo diversi incontri ufficiali in diversi anni per discutere dei propri stipendi e di altri problemi di autoconservazione, pur non accettando un governo internazionalmente riconosciuto a Tripoli. Tutto ciò ha acuito l’amarezza e la disperazione dei libici, ma alla fine l'alternativa è quella di avere un altro sovrano militare spietato: i libici questo non lo accetteranno. E questo è il messaggio di fondo alla comunità internazionale: nella remota possibilità che Haftar diventi un ‘nuovo Gheddafi’, il suo governo sarà breve. E questo non solo perché ha 75 anni, ma perché la gente prima o poi si solleverebbe contro di lui”.

Il vicepresidente del think tank con sede negli Usa smentisce l’ipotesi secondo cui il “feldmaresciallo” della Cirenaica starebbe combattendo gli estremisti islamici il nome del laicismo. “Guardi, Haftar ha promesso e dato il controllo delle moschee di Bengasi alle milizie Madkhali (corrente dell’Islam salafita). La Libia non sostiene l'Islam salafita. Questo gruppo ha già infangato il popolo libico, profanando tombe e luoghi sacri. Hanno ucciso persone in modo spietato. Haftar ha promesso loro il controllo delle moschee di Tripoli. I libici non lo accetteranno mai”, ha spiegato Toperich. Inoltre, il comandante dell’Lna “ha iniziato a distruggere il tessuto sociale e tribale della Libia”, aggiunge l’esperto. “Questo è molto pericoloso e gli si ritorcerà contro, prima o poi. Ora vediamo divisioni nelle tribù di Zintan e Warshefana (e nelle loro milizie), dove alcune parti sostengono Haftar e altre Sarraj. Haftar sta replicando la strategia che ha usato a Bengasi, cercando di convincere le tribù nell’area attorno a Tripoli a combattere per lui. Ma chi segue la Libia sa che le montagne di Nefusa (in Tripolitania) non sono quelle di Achdar (altopiano libico della Cirenaica), né Zawiya e Misurata sono come Bayda. Haftar è bloccato e non vede alcuna via d'uscita”.

La situazione attuale è critica e un cessate il fuoco incondizionato è diventato “obbligatorio” per sbloccare l’impasse. “Se Haftar torna nell’est, come si può trovare una soluzione politica dopo la rottura di ogni accordo possibile? Penso che le cose siano cambiate in Libia per sempre. Sono preoccupato per i libici innocenti che saranno uccisi o sfollati e per quanto ancora tempo i libici dovranno sopportare la guerra. Per ora, penso che il cessate il fuoco incondizionato sia obbligatorio”, spiega Toperich. La guerra che si combatte in Libia non è tra “laici” e “islamisti”, dal momento che questi ultimi sono presenti in entrambi gli schieramenti, sia in Tripolitania che in Cirenaica. “Le cose vanno chiamate per quello che sono. Questa la guerra è per il controllo delle vaste risorse in Libia: non c’è solo il petrolio, ma anche l'oro e molti altri preziosi minerali e materie prime di cui il paese è ricco”. (Asc)
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