SPECIALE DIFESA

 
 

Speciale difesa: Yemen, vasto sostegno regionale all'operazione saudita, si attende la mossa dell'Iran

Sana’a, 27 mar 2015 15:00 - (Agenzia Nova) - L’eventualità di una caduta di Aden nelle mani dei ribelli sciiti Houthi e dei reparti militari yemeniti fedeli all’ex presidente Ali Abdullah Saleh ha infine spinto l’Arabia Saudita a intervenire militarmente in Yemen. Negli scorsi mesi, a fronte dell’avanzata Houthi e del rapido peggioramento della situazione sul terreno, Riad aveva mantenuto un profilo basso rispetto alla crisi, preferendo indurre le parti a sedersi al tavolo del dialogo mediato dalle Nazioni Unite. La pazienza è terminata nel momento in cui pareva allontanarsi qualsiasi possibilità per il presidente Abd Rabbo Mansour Hadi di riprendere in mano il paese. È possibile che proprio la prospettiva di una rapida e ingente operazione saudita a difesa di Aden abbia indotto Hadi a non lasciare il paese (come invece sostenevano diverse fonti stampa) fino all’ultimo per evitare di uscire definitivamente di scena come attore politico di rilievo. Il capo dello Stato riconosciuto come legittimo dalla comunità internazionale ha infatti lasciato Aden, che lui stesso aveva proclamato capitale temporanea dopo l’occupazione di Sana’a da parte degli Houthi, soltanto nella giornata odierna. Nel fine settimana è prevista la sua partecipazione al summit della Lega araba a Sharm el Sheikh.

La coalizione raccoltasi attorno all’iniziativa saudita è molto ampia. Alle operazioni militari, finora limitate ad attacchi aerei e all’invio di unità navali da parte dell’Egitto, partecipano nove alleati della regione: Marocco, Egitto, Giordania, Sudan, Qatar, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait e Pakistan. Anche la Turchia, che con l’Arabia Saudita è da tempo ai ferri corti, ha annunciato il proprio sostegno all’azione militare in Yemen, che potrebbe presto prevedere anche un intervento via terra. Sono 185 in tutto i caccia impegnati nel bombardare gli obiettivi dei ribelli sciiti in Yemen provenienti da diversi paesi. L’Arabia Saudita partecipa alla missione con 100 caccia, ai quali si affiancano i 30 degli Emirati, i 15 del Bahrein, i 15 del Kuwait, i 10 del Qatari, i sei di Giordania e Marocco, i tre del Sudan. L’Egitto invece partecipa con l’ausilio di elicotteri e navi da guerra, quattro delle quali sono state già inviate per prendere il controllo dello stretto di Bab al Mandab, strategico per il passaggio e l’arrivo di navi iraniane cariche di armi per i ribelli..

Sono molte le fonti dal Golfo che osservano come il mero controllo dello spazio aereo yemenita sia inefficace per contenere l’avanzata degli Houthi e dei fedelissimi di Saleh, che finora ha fatto un uso assolutamente parziale delle forze aeree. I primi raid hanno colpito aeroporti e basi aeree, cosa che impedirà agli insorti di effettuare nuovi attacchi contro il complesso presidenziale di Aden, residenza di Hadi, e di spostare rapidamente uomini in diverse zone del paese. Ma il controllo di buona parte del territorio resta in mano agli Houthi e ai suoi alleati. Circostanza che rende possibile un intervento di terra per il quale l’Arabia Saudita, sostiene l’emittente “al Arabiya”, ha già mobilitato 150 mila uomini. Secondo fonti yemenite citate dalla statunitense “Cnn”, almeno 5 mila unità potrebbero presto essere inviate ad Aden per mettere in sicurezza la città. Dove, nel frattempo, sono scoppiati durissimi scontri tra gli insorti giunti ieri in città e i Comitati popolari fedeli a Hadi (gli stessi che solo ieri, quando la situazione appariva ormai disperata, si erano dati a razzie nei quartieri residenziali della città). Per un eventuale intervento di terra, per il quale si è registrata anche la disponibilità di Egitto, Giordania e Sudan Scontri sarebbero in corso in realtà in molte zone del paese, con gli Houthi intenzionati a cristallizzare i progressi degli ultimi tempi a fronte della possibile invasione. Non ci sono invece scontri a Sana’a, dove i bombardamenti della scorsa notte hanno però mietuto diverse vittime civili. Anche per questo gli Houthi hanno avuto gioco facile a organizzare oggi pomeriggio una vasta manifestazione di protesta contro l’operazione a guida saudita, alla quale hanno partecipato non solo militanti del movimento.

I ribelli si sono mossi facendo sapere di poter colpire in territorio saudita attraverso i missili Scud sequestrati all’esercito negli scorsi mesi e alzando il livello della retorica anti-saudita, anti-israeliana, anti-statunitense. Abdel Malek al Houthi, leader del gruppo sciita, è intervenuto in diretta televisiva nel tardo pomeriggio, dopo aver ordinato l’occupazione di tutti i media locali, affermando che quella in corso è una cospirazione dietro la quale si celano Washington e Tel Aviv. Il lungo discorso del predicatore non ha però mancato di picchi di concretezza. In questo senso, Houthi ha chiesto la creazione di un fronte militare per fronteggiare un’eventuale operazione di terra da parte dell’Arabia Saudita e dei suoi alleati in Yemen. In particolare, ha individuato “due fronti di mobilitazione” contro l’operazione “Tempesta risolutiva”, lanciata la scorsa notte da Riad. Il primo fronte è “esterno” e prevede la difesa a oltranza contro “ogni incursione straniera”. Il secondo riguarda la raccolta di sostegno “politico, finanziario, mediatico, morale e militare” a favore del gruppo. Houthi ha ammonito i sauditi dall’inviare truppe di terra in Yemen, consigliando loro di “non sottovalutare” il paese “solo perché povero”.

Gli analisti attendono ora la mossa dell’Iran, unico alleato regionale degli Houthi (se si eccettua la Siria che però ha i suoi problemi cui badare). La dirigenza di Teheran ha chiaramente condannato il lancio dell’operazione a guida saudita contro il suo gruppo satellite e ha trovato una sponda interessante nella Russia, dove qualche settimana fa si era recata in visita una delegazione Houthi. Nel pomeriggio ha avuto luogo un colloquio telefonico tra il presidente Vladimir Putin e l’omologo Hassan Rohani, con i due leader che hanno chiesto un’immediata cessazione di “Tempesta risolutiva”. L’impressione, in ogni caso, è che difficilmente Teheran potrà reagire concretamente a difesa degli Houthi, anche in considerazione del vastissimo sostegno regionale raccolto dall’Arabia Saudita a favore di Hadi. Più interessante, al momento, pare essere la posizione di un attore interno come l’ex presidente Ali Abdullah Saleh, spesso spalla preziosa per l’avanzata dei ribelli sciiti in Yemen. Oggi il suo Partito del Congresso ha proposto una soluzione che prevedrebbe la cessazione dei raid in cambio del ritiro degli insorti da Aden. Saleh, il cui figlio Ahmed (ex comandante della Guardia repubblicana) è al capo di un ingente numero di uomini al fianco degli Houthi, sembra insomma voler cogliere l’occasione per tornare a rivestire un ruolo di assoluto rilievo nello scenario politico yemenita. (Res)
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