Baghdad, 10 feb 2017 15:30 - (Agenzia Nova) - Il divieto di ingresso per i cittadini iracheni negli Stati Uniti è stato uno dei temi della conversazione telefonica avvenuta ieri sera tra il presidente Usa, Donald Trump, e il premier iracheno, Haider al Abadi. Secondo quanto riferisce l’ufficio stampa di Abadi, il capo della Casa Bianca si è impegnato a “trovare una soluzione” al tema sollevato dal governo iracheno e ha annunciato che si rivolgerà al dipartimento di Stato per venire incontro alle richieste di Baghdad. Abadi ha chiesto infatti a Trump di rivedere la sua decisione di bloccare l’ingresso dei cittadini iracheni negli Stati Uniti. Trump, da parte sua, ha rinnovato l’appoggio di Washington alla guerra al terrorismo in Iraq ed ha confermato che continuerà a sostenere le forze armate irachene nell’offensiva in corso contro lo Stato islamico. Abadi ha sottolineato che Baghdad vuole rafforzare ulteriormente i rapporti con l’alleato Usa, in tutti i settori.
Abadi ha incontrato a inizio mese l'ambasciatore degli Stati Uniti in Iraq, Douglas Silliman, il quale ha confermato il sostegno "grande e forte" dell'amministrazione Usa nei confronti dell'Iraq, nonostante la decisione di impedire temporaneamente l'ingresso di cittadini iracheni negli Stati Uniti. Secondo una dichiarazione dell'ufficio del primo ministro, durante l'incontro al quale ha preso parte il generale Stephen J. Townsend, comandante generale della Combined Joint Task Force dell'operazione militare Inherent Resolve, si è discusso in particolare della battaglia per liberare la città di Mosul, nel nord dell'Iraq, dal giogo dello Stato islamico, dopo "le grandi vittorie conseguite dalle forze irachene con il sostegno della coalizione internazionale" a guida Usa. Il diplomatico degli Stati Uniti ha assicurato che il sostegno del suo paese nei confronti dell'Iraq continua ad essere "molto forte" anche con l'amministrazione Trump, congratulandosi con Abadi per i successi ottenuti nella lotta contro il sedicente "califfato".
Secondo quanto recentemente affermato ad "Agenzia Nova" dall’ambasciatore iracheno a Roma, Ahmed Bamarni, la decisione del presidente Trump di bloccare temporaneamente l’accesso dei cittadini iracheni nel suo paese “è poco comprensibile” alla luce della cooperazione tra Baghdad e Washington nella lotta al terrorismo. “Stiamo combattendo il terrorismo insieme. Abbiamo diversi accordi di cooperazione militare e dopo il 2014 abbiamo chiesto a Washington aiuto tecnico, copertura aerea, istruttori militari, consiglieri, per ricostruire le nostre forze armate”, aveva detto l’ambasciatore in un'intervista con "Nova" lo scorso 31 gennaio. “Se c’è un paese che sta veramente combattendo sul terreno e sul fronte (contro lo Stato islamico) è l’Iraq. E naturalmente la coalizione internazionale (a guida Usa). Non capisco la ragione di inserire l’Iraq nella lista dei sette paesi scelti da Trump”, aveva aggiunto Bamarni.
”La commissione Esteri del parlamento iracheno ha chiesto al governo di prendere misure reciproche. Ma siamo alla fine della battaglia contro Daesh (acronimo arabo per Stato islamico dell’Iraq e del Levante) e ci serve l’aiuto della coalizione per andare avanti”. Bamarni aveva sottolineato che se gli Usa hanno preso questa decisione per proteggersi da eventuali attacchi terroristici, allora bisogna rispondergli che “non ci sono stati cittadini iracheni che hanno attaccato gli Stati Uniti. Peraltro gli Usa hanno una delle maggiori ambasciate a Baghdad, nonché un consolato a Bassora ed Erbil”.
Il parlamento iracheno ha votato pochi giorni fa una risoluzione per chiedere al governo di Baghdad di rispondere adeguatamente alla decisione “offensiva” della nuova amministrazione Usa. I parlamentari della commissione Esteri hanno inoltre accusato Trump di essere discriminatorio e di ignorare il ruolo dell’Iraq nella lotta contro lo Stato islamico. “Questa decisione offende l’Iraq che sta combattendo contro il terrorismo per conto del mondo intero, pagando con il sangue dei martiri questo sacrificio. La commissione sottolinea che questa misura offende le relazioni bilaterali tra i due paesi”, hanno detto i deputati.
L’Iraq è tra i sette paesi a maggioranza musulmana colpiti dall’ordine esecutivo di Trump che per 90 giorni ha bloccato l’ingresso negli Usa di cittadini provenienti anche da Iran, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen, ad eccezione di coloro che sono perseguitati per motivi religiosi e per i possessori della "green card". Il decreto ha ridotto anche il numero dei rifugiati che potranno soggiornare negli Stati Uniti, pari a 50 mila in tutto il 2017. Sospeso a tempo indeterminato, inoltre, l’ingresso negli Usa dei rifugiati provenienti dalla Siria e il programma Visa Interview Waiver, che prevedeva il rinnovo del visto senza colloquio con le autorità Usa. Tra le altre misure, infine, la sospensione per 120 giorni del programma di ammissione di tutti i rifugiati. (Irb)
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