Teheran, 10 feb 2017 15:45 - (Agenzia Nova) - Il Consigliere della Guida suprema della Rivoluzione iraniana Ali Khamenei, Ali Akbar Velayati, ha affermato che il paese risponderà “con forza a qualsiasi attacco lanciato dagli Stati Uniti”. Intervistato dall’emittente televisiva “al Jazeera”, Velayati ha ribadito che “Teheran non cambierà la sua politica nei confronti della crisi siriana e irachena per le minacce degli Usa”, e si dice convinto che “il nuovo presidente Donald Trump completerà il ritiro dall’Iraq delle sue truppe avviato da Barack Obama”, mentre ha definito “vuote” le minacce rivolte dal nuovo capo di stato statunitense nei confronti di Teheran per i teste dei sui missili balistici. "Gli statunitensi sanno molto bene che l'Iran e i suoi alleati nella regione potrebbero esercitare ritorsioni molto dure, che renderebbero bui i loro giorni a venire”, ha dichiarato il consigliere di Khamenei.
La scorsa settimana, gli Stati Uniti hanno imposto nuove sanzioni contro l'Iran in seguito ad un test missilistico avvenuto lo scorso 29 gennaio. Secondo Velayati lo sforzo degli Stati Uniti per fermare il suo programma missilistico con minacce militari “sono pure fantasie senza valore”. "Senza il minimo dubbio, vi posso garantire che continueremo a sviluppare i nostri programmi militari, e soprattutto il nostro programma di difesa missilistica ad ogni costo”, ha dichiarato. “Non abbiamo paura delle minacce degli Stati Uniti perché a 38 anni dalla rivoluzione islamica non sono stati in grado di fare nulla”, ha osservato Velayati.
Gli Stati Uniti hanno annunciato lo scorso 3 febbraio l’imposizione di nuove sanzioni contro l’Iran dopo che nei giorni scorsi la Casa Bianca ha posto Teheran “sotto attenzione” dopo il test di un missile balistico avvenuto lo scorso 29 gennaio e altre attività giudicate ostili. Secondo quanto riferisce una nota del ministero del Tesoro statunitense, le sanzioni riguardano 13 persone e 12 persone giuridiche, alcune delle quali sono basate negli Emirati arabi uniti, Libano e Cina. Quella del 3 febbraio è stata la prima misura sanzionatoria contro l’Iran della nuova amministrazione statunitense guidata da Donald Trump. "L'azione di oggi è parte del continuo impegno del Tesoro per contrastare le attività illecite dell’Iran all'estero ed è al di fuori del campo di applicazione del Piano globale d’azione congiunto (Jcpoa)”, si legge in una nota del dipartimento del Tesoro. Tra i soggetti posti a sanzioni vi sono aziende e individui che lavorano a sostegno di una rete commerciale gestita da un imprenditore iraniano, Abdollah Asgharzadeh. Questi sosterrebbe il gruppo industriale Shadid Hemmat, considerato da Washington una delle entità che gestisce il programma di missili balistici. Il Tesoro Usa ha anche colpito una rete di persone e aziende gestita in Libano dalle Guardie della rivoluzione iraniana.
Il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, ha risposto a Trump, sottolineando che l’Iran è indifferente alle minacce: “Non inizieremo mai la guerra, ma possiamo contare sui nostri mezzi di difesa. Non useremo le nostre armi, tranne che per legittima difesa. Vediamo se coloro che si lamentano possono fare la stessa affermazione”. Lo scambio di accuse di questi tra Washington e Iran, già registrato anche durante l’amministrazione Obama nonostante la volontà di questi di ammorbidire i rapporti con Teheran, giunge però in una situazione geopolitica in profondo cambiamento. L’amministrazione Trump ha infatti riallacciato i legami storici tra Stati Uniti e Israele, sta recuperando i rapporti con i paesi del Golfo, ma soprattutto sta cercando di trovare un compromesso con la Russia. Un segnale è stata la rimozione da parte del dipartimento del Tesoro Usa di alcune sanzioni contro la Russia imposte durante l’amministrazione Obama, consentendo possibili affari con i servizi segreti di Mosca.
Come fanno notare alcuni osservatori a “Nova” vi sono “dei movimenti tra le due grandi potenze nelle rispettive aree di influenza” che mirano a portare ad un importante negoziato”. L’obiettivo degli Usa è riaffermare la sua posizione di potenza protettrice del Golfo e in generale dell’Islam sunnita in particolare Arabia Saudita, ma in futuro anche Turchia ed Egitto. Da parte sua la Russia ha già confermato con l’intervento in Siria il recupero delle aree di influenza legate all’Islam sciita come Iran, Siria e Iraq, tendendo la mano durante l’ultimo anno dell’amministrazione Obama anche a Israele, Egitto e firmando un accordo con la Turchia. Le vittorie in Siria, grazie all’appoggio di Mosca, e il ruolo sempre più influente in Iraq, hanno portato l’Iran in una posizione dominante nella regione, ai danni di Arabia Saudita e paesi del Golfo, come dimostrato dall’assenza di rappresentanti di Riad ai colloqui tra governo di Damasco e ribelli siriani avvenuti dal 23 al 24 gennaio scorso ad Astana in Kazakhstan. (Res)
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