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Speciale energia: stampa Usa, la decisione dell'Opec rischia di danneggiare l'Arabia Saudita

New York, 06 ott 2016 14:00 - (Agenzia Nova) - L'improvviso accordo dell'Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (Opec) in merito al congelamento dei livelli di produzione petrolifera avvenuto nel quadro della riunione informale di Algeri dello scorso 28 settembre ha innescato un rialzo dei prezzi del greggio sul mercato. Tuttavia secondo quanto emerge da un’analisi dell’agenzia di stampa statunitense specializzata in economia “Bloomberg” Riad, che proprio sul petrolio basa la tenuta dei suoi conti pubblici, rischia di non guadagnare nulla, se non ulteriori problemi, dalla decisione dell'Opec. "E' sempre stato chiaro", scrive "Bloomberg", "che per funzionare, l'accordo sulla produzione dell'Opec avrebbe richiesto sacrifici all'Arabia Saudita". Se Nigeria e Libia dovessero tornare ai loro abituali livelli di produzione, infatti, Riad potrebbe essere costretta a tagliare la propria produzione giornaliera di un altro milione di barili di petrolio, il doppio rispetto all'ordinario calo della produzione operato dal regno alla vigilia della stagione autunnale. Ad oggi l’accordo raggiunto ad Algeri ha un semplice valore consultivo e l’Opec prenderà una decisione ufficiale in merito al vertice che si terrà presso la sua sede di Vienna il prossimo 30 novembre. In base a quanto emerso dalla riunione di Algeri la produzione del Cartello dovrebbe passare dagli attuali 33,24 milioni di barili al giorno a 32,5 milioni di barili. Secondo quanto riferito dai media internazionali, l’Arabia Saudita, principale produttore Opec, avrebbe deciso di archiviare le divisioni con il rivale Iran di fronte alle pressione del persistente clima di bassi prezzi del petrolio.

Gli effetti di un possibile accordo Opec si avranno solo nel lungo periodo e come fanno sottolineare diversi analisti l’aumento delle quotazioni del greggio sui mercati è dovuto soprattutto a ragioni di natura finanziaria che ad una reale riduzione dell’offerta petrolifera che ha consentito i valori petroliferi sui mercati internazionali di raggiungere i 50 dollari al barile. Lo shock derivante dalla persistenza di valori inferiori del 50 per cento rispetto ai picchi di 100 dollari del 2013 hanno spinto Riad ad avviare importanti riforme per poter ridurre la dipendenza dal petrolio. Secondo quanto sostiene “Bloomberg” il primo anno di riforme potrebbe però non sortire gli effetti sperati. Infatti nelle scorse settimane il governo ha avviato una serie di misure di taglio alla spesa pubblica, compresa la riduzione degli stipendi e dei benefit per i funzionari statali, che secondo gli analisti potrebbe rallentare la crescita dell’economia non petrolifera. Ciò significa che qualsiasi crescita complessiva nel 2016 sarà anche in gran parte derivante dalle esportazioni petrolifere. Gli sforzi per gestire le conseguenze del petrolio a buon mercato hanno costretto il governo a manovre di breve periodo come il taglio delle indennità e dei bonus per i responsabili politici e i funzionari ministeriali, la riduzione del 20 per cento degli stipendi degli stessi ministri e dei loro staff. A tali misure si aggiunge la decisione della Banca centrale saudita di iniettare nel sistema bancario circa 5,3 miliardi di dollari per arginare la crisi di liquidità. L'austerità aiuterà sauditi ridurre il deficit di bilancio che ha raggiunto il 16 per cento del prodotto interno lordo lo scorso anno, ma potrebbe portare al rallentamento economico, con forti ricadute sui consumi interni.

Un sondaggio condotto da “Bloomberg” mostra una crescita complessiva dell’1,1 per cento nel 2016, con Capital Economics e BNP Paribas che prevedono la prima contrazione dal 2009. Il Fondo monetario internazionale si aspetta un calo del 10 per cento del deficit di bilancio nel 2017. National Commercial Bank, il più importante istituto di credito saudita, ha sottolineato in rapporto pubblicato ieri che nel terzo trimestre gli utili societari potrebbero scendere. Le autorità saudite stanno cercando di ammorbidire gli effetti del clima di austerità. La Banca centrale ha ordinato agli istituti di credito di ristrutturare i prestiti che i sauditi non possono più permettersi. Mentre il Pil non petrolifero è cresciuto dello 0,4 per cento nel secondo trimestre del 2016, l’attività del settore privato è ancora debole. "Con i tagli alla spesa pubblica e riforme fiscali, non vediamo margini di crescita provenienti dal settore non petrolifero quest'anno", ha detto Monica Malik, capo economista presso Abu Dhabi Commercial Bank. (Res)
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