SPECIALE ENERGIA

 
 

Speciale energia: Fmi chiede a Riad di ridurre sovvenzioni energetiche

Riad, 14 set 2015 14:30 - (Agenzia Nova) - Il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha esortato l'Arabia Saudita a ridurre le sovvenzioni energetiche interne e gli stipendi dei dipendenti statali. In un incontro avvenuto nei giorni scorsi fra funzionari dell’Fmi e le autorità saudite, l’organizzazione ha sottolineato che le previsioni dell’economia saudita per i prossimi mesi sono positive e non vi sarebbero al momento segni evidenti delle conseguenze relative ai bassi prezzi del petrolio. Tuttavia l’Fmi ha esortato Riad a migliorare l’efficienza del suo sistema fiscale e della pubblica amministrazione. In rapporto pubblicato in giugno il Fondo monetario internazionali ha stimato tasso di crescita dell’economia saudita intorno al 2,8 per cento per il 2015, prevedendo un calo al 2,4 per cento per il 2016, flessioni su cui pesa il deficit di bilancio del 19,5 per cento sul Pil previsto per l’anno in corso. Secondo il responsabile della missione dell’Fmi in Arabia Saudita, Tim Callen, la crescita robusta saudita nel secondo trimestre ha suggerito che il tasso annuo di crescita dell'attività economica potrebbe essere leggermente superiore rispetto alle previsioni. Finora l’economia saudita sta resistendo alla crisi dei prezzi petroliferi grazie alle vaste riserve in valuta estera (stimate in 700 miliardi di dollari) e al ridotto debito pubblico, ma il persistere di una tale situazione potrebbe spingere il governo ad adottare riforme economiche per controllare la spesa pubblica, in particolare i sussidi sui carburanti e prodotti petroliferi che costano allo stato circa 86 miliardi di dollari. Per arginare in futuro gli effetti del calo dei prezzi petroliferi, che secondo stime di Goldman Sachs si protrarranno per tutto il 2016, l’Fmi ha invitato il governo saudita ad aumentare i prezzi dell’energia sul mercato interno, ad oggi i più bassi al mondo, proponendo una riduzione in linea con le necessità della popolazione. L’organizzazione ha inoltre invitato Riad ad aumentare l’espansione del settore privato e ad espandere i ricavi del comportato non petrolifero, chiedendo inoltre l’istituzione di un imposta sul valore aggiunto. "Pensiamo che un aumento dei prezzi dell'energia sia necessari. Ci saranno vantaggi sia sul fronte fiscale, sia in termini di riduzione della crescita del consumo di energia, ma ciò deve essere attuato attraverso un pacchetto di riforme completo e ben pubblicizzato”, ha detto Callen. Il responsabile dell’Fmi ha inoltre aggiunto che Riad dovrebbe compiere maggiori sforzi per identificare le fasce della popolazione più sensibili agli aumenti dei prezzi, in particolare le famiglie a basso reddito e imprese ad alto consumo energetico, che in un quadro di graduale riduzione dei sussidi sarebbero le più colpite.

L’Arabia Saudita starebbe valutando il taglio dei sussidi sui carburanti per controbilanciare i bassi prezzi del petrolio ad oggi inferiori ai 50 dollari al barili. Ancora da definire Riad potrebbe seguire in questo senso l’esempio degli Emirati arabi uniti che lo scorso mese hanno dato il via ad una serie di manovre per cancellare i sussidi sui carburanti, comportando un’impennata dei prezzi del 24 per cento. Nei giorni scorsi un funzionario saudita ha sottolineato al quotidiano kuwaitiano “Al Watan” che il paese non può proseguire la sua politica di prezzi sottocosto dei carburanti a tempo indeterminato perché l’attuale scenario dei prezzi del greggio sta seriamente colpendo le finanze della monarchia che in questi mesi è stata costretta ad intaccare parte degli oltre 700 miliardi di riserve in valuta estera per far fronte alla crisi. Nei mesi scorsi Riad ha confermato la spesa per l’anno in corso di ben 86 miliardi di dollari in sovvenzioni petrolifere, dato che supera di ben 28 miliardi di euro i finanziamenti per l’istruzione pubblica attualmente intorno ai 58 miliardi. Nonostante le smentite ufficiali di una riforma del sistema di sovvenzioni secondo gli analisti le autorità saudite starebbero seriamente valutando la possibilità di ridurre gradualmente i sussidi. Parlando ai media internazionali, fonti interne al governo hanno precisato che l’eventuale riforma seguirà linee diverse da quella adottata dagli Emirati, con riduzioni mirate in modo da rendere l’aumenti di prezzi graduali e di limitati. Per gli economisti la rimozione delle sovvenzioni su benzina e carburanti consentirebbe al regno di risparmiare circa 8 miliardi di euro all’anno con un notevole risparmio a fronte delle stime sul deficit di bilancio per il 2015, che in caso di un manti mento degli attuali prezzi di petrolio potrebbe raggiungere i 120 miliardi di dollari. La riforma potrebbe anche contribuire a ridurre i consumi interni attualmente in rapida crescita, consentendo al regno di aumentare le esportazioni. In un anno la domanda interna di prodotti petroliferi è aumentata del 5 per cento, raggiungendo il record di 2,98 milioni di barili nel mese di giugno.

Intervistato da “Al Watan”, il vicepresidente della commissione per l’economia e l’energia del Consiglio della Shoura, Fahad Al Anazi, ha precisato che tutte le eventuali modifiche alle sovvenzioni dovrebbero essere accompagnate da misure economiche per preservare l’attuale benessere della popolazione, come ad esempio il potenziamento dei mezzi di trasporto pubblico. Per al Anazi una riforma radicale del sistema di sussidi è ancora lontana e se attuate dovrebbe fare i conti con l’arretratezza delle infrastrutture su cui pesano decenni di politiche basate solamente sul trasporto privato. Ad oggi i lavori per la costruzione della metropolitana di Riad sono ancora lontani dall’essere completati e secondo le stime la struttura dovrebbe entrare in funzione non prima del 2019. Per al Anazi la riforma dei sussidi e il conseguente aumento dei prezzi del carburante, avranno effetti sui costi di altre merci, producendo un aumento dell’inflazione. Al fine di contrastare la crescita dei prezzi il governo potrebbe introdurre misure per sussidiare i beni di consumo. Secondo al Anazi tali sovvenzioni sarebbero rivolte ai cittadini sauditi, piuttosto al gran numero di stranieri residenti nel paese e che ad oggi beneficiano dei bassi prezzi del carburante. Per il momento le autorità di Riad si limitano ad osservare gli effetti del taglio dei sussidi nei paesi confinanti che hanno adottato tali riforme, in particolare gli Emirati che dal primo agosto hanno tagliato parte dei sussidi producendo un aumento del prezzo di benzina e diesel rispettivamente del 23 e del 29 per cento. Secondo il ministro dell'Energia, Suhail al Mazroui, tale cambiamento mira a rafforzare l'economia del paese e potrebbe contribuire a un minore consumo di carburante, incoraggiando l'utilizzo dei trasporti pubblici. Con un prezzo del petrolio sotto i 50 dollari al barile e con la previsione di ulteriori ribassi nei prossimi mesi, le monarchie del Golfo sono state costrette a rivedere le loro strategie di politica economica al fine di mantenere la strategia Opec, concordata con l’Arabia Saudita, mirata al mantenimento delle quote di mercato in situazione di iper-offerta attraverso il costante aumento di produzione petrolifera. In questa situazione la prima voce di bilancio a subire la variazione sono proprio i sussidi che secondo stime del Fondo monetario internazionale (Fmi) costeranno ai paesi del Golfo 5.300 miliardi di dollari nel solo 2015. La manovra pianificata da Abu Dhabi ha visto la costituzione di uno speciale comitato che da agosto ha iniziato a fissare i prezzi in base ai valori medi di mercato. Lo scorso 27 agosto a circa un mese dall’entrata in vigore dei provvedimenti il governo di Abu Dhabi ha annunciato che i prezzi della benzina diminuiranno dell'8,4 per cento nel mese di settembre arrivando a quota 0,53 dollari al litro.

In uno scenario di iper-offerta del mercato petrolifero i paesi del Golfo temono il possibile impatto negativo dovuto all’ingresso del petrolio iraniano in caso di una cancellazione delle sanzioni economiche contro Teheran da parte della Comunità internazionale in seguito all’accordo sul nucleare firmato lo scorso 14 luglio a Vienna. Il tema del taglio dei sussidi al carburante riguarda di fatto tutti i paesi del Golfo i cui governi tentano da anni di studiare misure tali da evitare eccessivi aumenti di prezzo. In gennaio il Kuwait ha cercato di aumentare i prezzi del diesel, ma ha ritirato il provvedimento di fronte alle pressioni politiche. La mossa era stata preceduta dal Qatar che aveva aumentato nel 2014 i prezzi del diesel senza però modificare quelli della benzina di fatto fermi dal 2011. Nel frattempo, anche la Giordania e il Marocco, sotto grande pressione finanziaria perché non sono produttori di petrolio, hanno entrambi eliminato i sussidi per il carburante, mentre l’Egitto ha già tagliato in agosto parte delle sovvenzioni su benzina e diesel. Sempre nel Golfo Persico anche Oman e Bahrain, con significativi deficit di bilancio, hanno dato segnali di voler seguire la politica di Abu Dhabi per bilanciare gli effetti della crisi dei prezzi del petrolio. L’accordo sul nucleare iraniano firmato lo scorso 14 luglio a Vienna da delegati di Teheran e paesi del gruppo dei 5+1 (Cina, Francia, Regno Unito, Russia, Stati Uniti più la Germania) e la conseguente cancellazione delle sanzioni contro la Repubblica islamica aprono nuovi scenari sul mercato petrolifero, costringendo l’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (Opec) a cambiare la strategia adottata finora per arginare i bassi prezzi del greggio. Infatti dopo tre anni di volumi di produzione ridotti, attualmente intorno ai 3 milioni di barili, l’Iran preme per riguadagnare le proprie quote nel mercato petrolifero mondiale, tornando ai livelli pre-sanzioni del 2011 quando il volume di produzione era di 4,1 milioni di barili di petrolio al giorno. Tale situazione aumenterebbe in modo drastico l’offerta petrolifera sui mercati aumentando ulteriormente il clima di iper-offerta iniziato a metà del 2014 con il ritorno degli Stati Uniti come paese produttore grazie allo sfruttamento dei giacimenti da scisti bituminosi.

Già in giugno, in una lettera inviata ai membri del cartello Opec, il ministro del Petrolio iraniano, Bijan Zangeneh, ha apertamente dichiarato che “l’Iran non deve chiedere il permesso a nessuno per rientrare nel mercato e non è disposto a cedere ad altri la sua precedente quota di mercato”. I paesi maggiormente colpiti dalla situazione di sovra produzione sono i due principali produttori al mondo Russia e Arabia Saudita, che secondo gli esperti starebbero negoziando un nuovo modo di gestire la crisi dei prezzi al momento semplicemente affrontata con il mantenimento della produzione a livelli alti per mantenere intatte le quote di mercato, tattica voluta anzitutto da Riad ma che al momento non sta offrendo i risultati sperati. Infatti secondo quanto emerge dal rapporto ufficiale sulle esportazioni pubblicato oggi dalla Joint Organisations Data Initiative (Jodi), le esportazioni di petrolio greggio dell'Arabia Saudita sono calate nel mese di maggio a 6,935 milioni di barili al giorno da 7,737 milioni del mese di aprile. Il calo nelle esportazioni giunge in concomitanza con una crescita della produzione petrolifera che in giugno ha raggiunto nuovamente il suo massimo con 10,6 milioni di barili al giorno. Il petrolio utilizzato per il consumo interno è salito a 677 mila barili al giorno in maggio contro i 358 mila barili di aprile, aumento ovviamente collegato all’aumento dei consumi di energia in concomitanza con i mesi estivi. La combinazione di bassi prezzi del petrolio al di sotto dei 50 dollari al barile e il ritorno dell’Iran a livelli di produzione petroliferi pre-sanzioni stanno vanificando la tattica utilizzata da Riad e dall’Opec di combinare alta produzione a bassi prezzi petroliferi per mantenere le proprie quote di mercato. Il raggiungimento dell’accordo con l’Iran ha di fatto reso inattuabile tale strategia che potrebbe comportare enormi perdite soprattutto per quei paesi Opec che vedono le proprie economie strettamente legate alle entrate petrolifere. (Res)
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