Washington, 07 lug 2015 15:00 - (Agenzia Nova) - In Siria, scrive la “Washington Post”, va in scena simultaneamente la debolezza dello Stato islamico (Is) e della coalizione a guida statunitense che lo combatte. L’Is, una superpotenza terroristica che si è impossessata di un vasto territorio a cavallo tra due Stati fondandovi un califfato islamico, ha ceduto rovinosamente all'offensiva dei militanti curdi, che si sono impossessati di un terzo della provincia di Raqqa, dove ha sede l'omonima roccaforte e capitale di fatto dell'Isis. I poco convinti raid aerei statunitensi, che in Iraq si sono dimostrati fallimentari nel contenere l'avanzata dei jihadisti, sono invece bastati ai curdi siriani. Proprio ieri, il presidente Usa Barack Obama ha citato l'avanzata dei curdi a riprova dell'efficacia della sua politica di contenimento: “Dove esiste un partner efficace sul campo, l'Is può essere respinto”, ha dichiarato il titolare della Casa Bianca, che ha parlato di una “debolezza strategica reale” del sedicente califfato. Eppure – scrive la “Washington Post” – anche nell'unica regione dove la coalizione a guida Usa pare mietere alcuni successi, la strategia di Washington esibisce tutta la sua inadeguatezza. L'assenza di forze locali affidabili impedisce di spingere l'offensiva più in profondità nel territorio controllato dall'Is, e più i curdi si spingono in territorio sunnita, più le loro tensioni con la popolazione locale mettono in pericolo i successi ancora modesti della controffensiva nel nord-est della Siria.
L'opposizione siriana ha accusato a più riprese i curdi di cacciare gli arabi dai loro villaggi per consolidare il controllo politico sulla regione. “Vogliono cambiare la demografia dell'area per creare uno Stato del Kurdistan, e questo avviene sotto la copertura dei raid aerei statunitensi”, accusa Ahmed Haj Saleh, una delle figure di spicco dell'attivismo a Raqqa, le cui dichiarazioni valgono più di mille analisi nel descrivere l'inestricabile caos siriano: “Sono laico e non sono un apostata – premette Saleh – ma se necessario, imbraccerò un'arma e mi unirò all'Is. Il governo Usa – scrive la “Washington Post” - non ha mai fatto davvero i conti con la scomoda realtà del sostegno dei sunniti allo Stato islamico, né con l'ostilità dell'alleato turco a quei curdi che costituiscono il motore principale dell'offensiva contro il califfato: lo stesso presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha avvertito che Ankara “non permetterà mai” la proclamazione di uno Stato curdo a ridosso dei propri confini. (Res)
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